giovedì 3 ottobre 2013

SVILUPPO SOSTENIBILE: DA FRANCAVILLA AL BRASILE OPPORTUNITA’ PER IL FUTURO

Il dibattito sulla questione ambientale è un tema sempre più attuale che ha come nodo centrale il rapporto tra economia e ambiente, nell'evidente necessità di preservare la qualità del patrimonio naturale e nella consapevolezza che, essendo le risorse del pianeta tendenzialmente esauribili, devono essere rivisti ed equilibrati i modelli di sviluppo. Di questo ed altro si è parlato in un importante convegno, che si è tenuto a Torino il  30 settembre, in cui è intervenuto, tra gli altri, Michele Pezone, avvocato esperto in diritto dell’ambiente, tra i fondatori del Centro di Educazione Ambientale Buendìa e consulente a livello nazionale di varie associazioni, tra cui forPlanet, una Onlus che sviluppa progetti concreti per sostenere progetti di conservazione ambientale nel mondo.
Il convegno è stato organizzato dalla Fondazione dell’Avvocatura Torinese Fulvio Croce e ha previsto un confronto tra la nostra legislazione e quella di alcuni Paesi emergenti, tra cui Cina e Brasile, per individuare nuovi spunti di attuazione di politiche ambientali. Pezone si è occupato, infatti, proprio della comparazione tra il diritto ambientale europeo e quello brasiliano, presentando il suo lavoro in diverse università brasiliane.
«In occasione di uno di questi convegni», racconta Pezone, «ho conosciuto il professore Gerson Arrais, su richiesta del quale ho scritto la prefazione al “Dizionario Inglese-Portoghese dei termini di Diritto Internazionale”, il primo dell’America Latina, che sarà pubblicato il prossimo novembre». Un'esperienza che ha consentito all'avvocato francavillese di constatare come in molti Stati sudamericani «i principi ambientali siano espressi in modo più dettagliato e siano maggiormente collegati al concetto dello “sviluppo sostenibile”, in quanto quest’ultimo è insito nella tradizione storica di questi Paesi, caratterizzati da una visione “sacrale” della Terra e da un approccio di tipo “sociale” ai beni comuni».
«Ovviamente», spiega Pezone, «questi principi devono poi fare i conti con altri problemi interni, come la corruzione, e con le esigenze economiche e industriali dei Paesi in via di sviluppo, ma tali esigenze possono essere anche un’occasione di proficua cooperazione internazionale».
Anche l'Abruzzo sta vivendo un delicato rapporto tra sviluppo economico e tutela ambientale che spesso non trovano coincidenza. «Ormai è diventato quasi un luogo comune dire che siamo la regione verde d’Europa», dichiara l'avvocato, «ma allo stesso tempo siamo costretti continuamente a non abbassare la guardia su alcune questioni, come le valutazioni ambientali riguardanti gli impianti a biomasse, la Forest Oil a Bomba, Ombrina Mare, progetto che può essere scongiurato definitivamente dall’istituzione del Parco della Costa Teatina».
A proposito dei parchi, per Pezone occorre un piano regionale per rilanciare il sistema abruzzese delle aree protette anche attraverso l’utilizzo dei fondi europei destinati all’ambiente e al turismo e va rilanciato anche attraverso un’adeguata infrastruttura ferroviaria. «Bisogna uscire dall’idea per cui la sostenibilità ambientale è collegata solo a un sistema di divieti e sanzioni», commenta, «al contrario, deve essere il criterio con cui riorganizzare tutti i settori produttivi, dall’agricoltura di qualità all’industria».
E a Francavilla? «Da noi i problemi sono noti e certamente non addebitabili all’attuale amministrazione», sottolinea, «a partire dalla vicenda del porto turistico rimasta ancora irrisolta, oppure della bonifica dell’Alento e della realizzazione del parco fluviale, ancora sulla carta, ovvero dell’inquinamento a Fosso San Lorenzo, con i depuratori non adeguatamente monitorati, come accade nel resto della Regione». «Ho tuttavia dovuto contestare alcune scelte di quest’amministrazione che ritengo siano andate nella direzione contraria all’uso sostenibile del territorio e alla valorizzazione dei beni comuni, e lo dico senza spirito polemico, che non mi appartiene», prosegue, «Mi riferisco non solo alla questione dell’abbattimento degli alberi di viale Nettuno, ma anche all’idea, di cui si è tornati a parlare, di demolire il palazzo Sirena. Quest’ultimo, in un’ottica “ambientale” di recupero dei centri storici e delle volumetrie esistenti, va sicuramente ristrutturato e modificato, ma non buttato a terra, soprattutto se si vuole realizzare un teatro o una struttura polifunzionale, che necessita di spazi ulteriori oltre alla platea». Per Pezone, sul consumo del territorio, poi, non bisogna mai abbassare la guardia: «quando si pensa che si è andati oltre ogni possibile limite, ci si accorge che ci sono ancora degli spazi appetibili e va valutata attentamente la sostenibilità dei nuovi progetti».

Fonte: La Torre

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