La Regione Abruzzo si inventa una sorta di "recinto tax" da migliaia di euro.
domenica 13 dicembre 2020
CACCIA, ARRIVA LA "RECINTO TAX". SOPRUSO DELLA REGIONE ABRZZO SUI CITTADINI CHE VOGLIONO VIETARE LA CACCIA SUI PROPRI TERRENI
La Regione Abruzzo si inventa una sorta di "recinto tax" da migliaia di euro.
giovedì 10 dicembre 2020
Una legge per Difenderli - di Luca Sciortino (Panorama, n. 50 del 9/12/2020)
Una voce flebile, sovrastata dal frastuono delle discussioni sull’attuale emergenza economica e sanitaria, chiede ai governi interventi legislativi che favoriscano un rinnovato rapporto con la natura. È frutto della percezione ormai diffusa che ciò che facciamo agli animali e alle piante si ripercuote su noi stessi. A essere divenuti oggetto di attenzione sono gli allevamenti intensivi e la distruzione degli habitat naturali che ci mettono a contatto con gli animali selvatici favorendo il salto di specie di virus e batteri. La spinta a interventi legislativi che regolino il rapporto uomo-animale non poteva che partire proprio dalle specie domestiche. Una nuova legge che sta per entrare in vigore in Germania, fortemente voluta dal ministro dell’agricoltura Julia Klöckner, può essere considerata il primo passo verso un riconcepimento della legislazione sugli animali. La Hundeverordnung, come si chiama la nuova ordinanza tedesca, impone ai proprietari di portare a spasso i propri cani almeno due volte al giorno e per un periodo di tempo complessivo di almeno un’ora.
In Italia, la nuova sensibilità verso le altre
specie è quasi assente nei dibattiti sulla ripartenza economica post-epidemia,
ma sta crescendo nella società civile. ll recente convegno organizzato dalla
Lega Nazionale per la Difesa del Cane (LNDC) dal titolo “Diritti degli animali:
le nuove frontiere per la loro tutela” è solo l’ultimo dei molti eventi che
hanno visto la partecipazione non solo di esperti ma anche di migliaia di
cittadini collegati in rete. Questi ultimi chiedevano una nuova legislazione
sugli animali capace non solo di punire le violenze, ma anche di impedire i
cosiddetti maltrattamenti etologici, quelli che impongono all’animale ambienti
di vita insopportabili per le caratteristiche della specie, tra questi gli
allevamenti intensivi per la produzione di carne, le gabbie per animali
selvatici da pelliccia, i canili lager, i laboratori di ricerca e i circhi.
L’epidemia di Covid ha infatti riproposto a più riprese questo problema, per
esempio quando molti governi hanno ordinato l’abbattimento di milioni di visoni
che avevano sviluppato e trasmesso mutazioni del virus del Covid. Lo stesso
ministro della salute Roberto Speranza la settimana scorsa ha firmato
un’ordinanza per la sospensione dell’attività degli allevamenti di questi
animali.
Michele Pezone, avvocato e responsabile nazionale
diritti animali (LNDC), dice che c’è urgente bisogno di modificare il quadro
legislativo per chi commette reati a danno degli animali: «I problemi da
affrontare sono molti. Prima di tutto, nel caso di violenze o di mancato
soccorso nessuno sconta nemmeno un giorno di prigione, e anzi spesso il
colpevole non finisce nemmeno sul banco degli imputati». Alcuni esempi tratti
dalla cronaca recente rendono il concetto più chiaro. Alcuni mesi fa un pastore
sardo, per punire il suo cane che aveva sbranato una pecora, lo legò all’auto e
lo trascinò per la strada. «Anche se una volante dei Carabinieri colse il
pastore in fragranza di reato» racconta Pezone « la vicenda giudiziaria si concluse
con una semplice messa alla prova: di fatto, il pastore evitò il processo
andando a fare fotocopie per qualche giorno in un ufficio comunale di fronte
casa sua. Tutto questo perché la legge 189 del 2004 prevede pene
detentive troppo basse, tali per cui gli imputati alla prima udienza possono
scegliere di andare a lavorare in comune o presso altri enti evitando a piè
pari il processo e mantenendo pure la fedina penale pulita». C’è poi un altro
caso emblematico riguardante l’omissione di soccorso: una sera un cane rimase
fuori dal cancello di una villa senza che i suoi proprietari se ne
accorgessero; questi ultimi lo trovarono agonizzante la mattina successiva dopo
che era stato investito molte ore prima. Tempo dopo un tizio si presentò dai
proprietari chiedendo il risarcimento per la propria auto danneggiata
dall’investimento. Anche se Pezone, che seguì il caso, riuscì a dimostrare il
mancato soccorso, e che il danno affettivo subito dai proprietari del cane era
maggiore di quello economico di un paraurti, restava il fatto che l’omissione
di soccorso agli animali coinvolti in un incidente non costituisce reato, ma
solo un illecito amministrativo punito con l’articolo 189 comma 9 bis del codice
della strada. Insomma, male che vada, chi non soccorre un cane agonizzante se
la può cavare con una sanzione dai 413,00 ai 1658,00 euro. Prendiamo ora un
altro caso, una lesione colposa causata da un veterinario che commetta gravi
errori determinando la morte di un animale. Bene, il fatto non costituisce
reato e il colpevole al massimo dovrà attivare la propria polizza assicurativa
per risarcire il danno. E che dire del caso così frequente di un cane legato a
vita a una catena e costretto a vivere un’intera vita in solitudine? Pezone
spiega che solo recentemente sono state approvate alcune leggi regionali che
vietano questa pratica. Come dire che in certe regioni è consentita. In questo
caso bisogna notare che quando un cane è tenuto alla catena è costretto a fare
i bisogni dove si accuccia, una circostanza difficile da sopportare perché
assolutamente in contrasto il comportamento tipico della sua specie. La
selezione naturale ha premiato questo tipo di ethos non a caso: stare lontano
dai propri bisogni significa stare lontano da batteri e virus. E qui arriviamo
dritti al problema degli animali tenuti in condizioni che producono loro
sofferenza. Per punire il maltrattamento etologico ci si può appellare solo a
un’elaborazione giurisprudenziale dell’articolo 727 del codice penale. Questo
articolo prevede un’ammenda da mille a diecimila euro a chi detiene animali in
condizioni incompatibili con la loro natura. Ma nella maggior parte dei casi
nessuno può essere condannato perché esiste una clausola di esclusione per
varie attività tra cui quelle commerciali e non solo quella dell’industria
alimentare. Anzi, come fa notare Pezone, «si potrebbe dire che da una parte la
legge nega di fare qualcosa e dall’altra lo permette: se in generale il
maltrattamento etologico è vietato, dall’altro è ammesso per una serie di
ragioni economiche». Il fatto nuovo è che l’umanità si sta rendendo conto che
questi maltrattamenti etologici finiscono per minare alla base la sua stessa
sopravvivenza.
Che fare dunque? Negli ultimi cinquant’anni,
diversi studiosi del problema hanno suggerito di riconsiderare i diritti degli
animali partendo dal presupposto che non esiste alcuna distinzione netta tra
noi e loro per quanto riguarda la capacità di soffrire. «Se ripensassimo la
legislazione partendo dal fatto che l’uomo rientra nel regno degli animali,
come suggerisce la teoria dell’evoluzione, e che tutti gli animali hanno gli
stessi diritti alla vita, allora i principi giuridici più elementari, come per
l’appunto il diritto alla vita e alla non sofferenza, sarebbero gli stessi per
noi e per loro. A quel punto sarebbe inammissibile non punire severamente
l’omissione di soccorso o l’abbandono di un animale alla catena». Tom Regan, un
filosofo dei diritti degli animali, ha notato che se diamo valore alla vita di
un essere umano a prescindere del grado di razionalità che manifesta nel suo
comportamento, allora dovremmo dare un analogo valore anche a un animale non
umano. Resta il fatto che più delle leggi può il grado di civiltà e il buon
senso dei singoli. Per combattere il caso dei canili lager, basterebbe cambiare
le nostre scelte: anziché spendere migliaia di euro per un cane di razza alla
moda si potrebbe regalare qualche anno di vita felice a un cane che ha sofferto
per tutta la sua esistenza.
domenica 15 novembre 2020
Maltrattamenti e diritti animali. Dopo il Convegno indetto dalla LNDC Animal protection, le soluzioni emerse alle diverse problematiche sono tante e necessitano di attenzione da parte delle Istituzioni
Milano, 13 novembre 2020 – Il 6 novembre scorso, si è tenuto il Convegno in streaming organizzato dalla LNDC Animal Protection dal titolo Diritti degli Animali: le nuove frontiere per la loro tutela, moderato dalla conduttrice televisiva Tessa Gelisio, amica storica dell’Associazione, con Michele Pezone, Responsabile nazionale diritti animali LNDC – Animal Protection.
Non solo la pianificazione dell’evento ha coinvolto numerosi amici a condividere il proprio pensiero e stimolare il pubblico alla partecipazione - tra questi: Tiziano Ferro, Giorgio Panariello, Raffaella Mennoia, Massimo Wertmüller e Samantha De Grenet – ma, grazie a una grossa campagna mediatica sui social, l’Associazione ha risollevato il grande problema dei diritti animali e dei maltrattamenti e suscitato così l’interesse di decine di migliaia di persone sensibili alla tematica, perché diciamolo, sono moltissimi gli italiani che chiedono a voce alta pene più severe nei confronti di chi maltratta e uccide gli animali.
Ogni giorno, sulle pagine dei
quotidiani locali e nazionali leggiamo notizie raccapriccianti sulle morti
di animali selvatici o familiari trucidati nei modi peggiori. Tutto questo
si potrebbe evitare e prevenire. Il Convegno è nato proprio con questo scopo:
riunire massimi esperti provenienti dal mondo veterinario, delle forze
dell’ordine e giuridico, nonché dal settore della comunicazione, con lo scopo di
fare il punto della situazione e condividere le possibili soluzioni. Persone
interessate alla tematica, avvocati e giornalisti si sono collegati alla
diretta streaming per saperne di più, per acquisire maggiore consapevolezza e
strumenti utili a combattere i maltrattamenti grazie ai topic affrontati: “Le
attività di indagine nei reati a danno degli animali. Aspetti procedurali e
idee per migliorare la normativa vigente” e “Informazione e media
dalla parte degli animali”.
“È davvero frustrante assistere a così tante morti crudeli e
insensate e sentirsi impotenti”, afferma Piera Rosati – Presidente di LNDC - Animal
Protection. “Da sempre denunciamo casi di maltrattamenti e
uccisioni alle autorità competenti, ma in moltissime occasioni dobbiamo
scontrarci con richieste di archiviazione o, nei casi più fortunati, con
condanne insufficienti a punire in maniera adeguata i colpevoli di queste
stragi. La Legge 189 del 2004 ha sì introdotto nuove
figure di reato nel codice penale, ma attualmente tra casi archiviati, riti
abbreviati, sospensione della pena e ‘messa alla prova’, praticamente
nessuno sconta realmente nemmeno un giorno di prigione anche in caso di
condanna, a dimostrazione del fatto che queste vittime e questi reati
vengono spesso considerati “di serie B”. Il nostro obiettivo, anche grazie a
questo Convegno, è fare in modo che sul piano giuridico, ma anche etico, gli
animali diventino essi stessi oggetto di tutela in quanto tali, esseri
senzienti, mentre oggi la legge tutela il ‘sentimento umano verso gli animali’.
Che cosa si può fare per
cambiare la situazione nell’immediato futuro? Fondamentale rimane sensibilizzare
l’opinione pubblica attraverso campagne nazionali che stimolino la denuncia dei
casi di reati. Diffondere la cultura della sensibilità alla sofferenza,
questo è il punto focale.
Ricordiamo infatti che in moltissimi casi, chi comincia maltrattando gli animali, spesso passa ad altre vittime appartenenti alle cosiddette categorie “deboli” come anziani, portatori di handicap e bambini. Proprio per questo l’Associazione, a fine 2019, ha lanciato una petizione al grido di #sonoqualcunononqualcosa, chiedendo non solo pene più severe per chi uccide e maltratta gli animali - tra cui aggravanti per le sevizie, il sadismo e la pubblicazione sui social network di contenuti ad alto tasso di violenza capaci di causare pericolosi effetti emulativi, insieme alla disposizione del fermo e dell’arresto per chi si macchia di tali reati - ma anche l’inserimento di percorsi formativi sulla tutela degli animali in tutte le scuole, nei corsi di formazione delle forze dell’ordine e dei medici veterinari perché: “Educare al rispetto della vita di ciascuno e all’empatia deve essere una priorità a tutti gli effetti”, continua Rosati.
Interviene Michele Pezone, Responsabile nazionale diritti animali LNDC – Animal Protection: “Urge modificare il quadro legislativo di riferimento in modo tale da rendere perseguibile in maniera efficace chi commette reati a danno degli animali. Al momento non è così, basti considerare che attualmente la legge tutela il sentimento dell’uomo nei confronti degli animali e non gli animali in quanto tali. Questa visione antropocentrica spesso condiziona le forze di polizia, il cui depauperamento a livello provinciale non ha certamente contribuito alla nostra causa, e i magistrati, che in molti casi non ritengono opportuno dedicarsi all’uccisione di un animale in modo scrupoloso. Lo stimolo a prepararsi deve essere rivolto in egual modo a magistrati e avvocati soprattutto nella fase delle indagini. Non sempre è immediato comprendere quanto siano importanti in questi casi le perizie, che vanno affidate a professionisti competenti. Dalla mia esperienza, come legale della LNDC, combatto ogni giorno per i diritti degli animali nei tribunali di tutta Italia e sempre di più mi rendo conto di come la figura del veterinario forense sia fondamentale. In pochi sanno che in Italia esiste un’eccellenza: il Centro di Referenza Nazionale per la Medicina Forense Veterinaria. Rosario Fico, Direttore di questo Centro presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, che ha partecipato con noi al Convegno, ci ha illustrato come il nostro Paese sia l’unico in Europa ad avere una struttura ufficiale, all’interno del Sistema sanitario nazionale, in grado di fornire una consulenza tecnico-scientifica di enorme valore a forze di polizia e magistratura nei casi di reati a danno degli animali. Questa figura si rivela fondamentale in moltissimi casi, perché spesso in tribunale non basta l’opinione del veterinario privato o pubblico. Bisognerebbe stimolare i giovani veterinari a seguire questa specializzazione ancora troppo di nicchia, ma capace di cambiare il quadro attuale!”
venerdì 9 ottobre 2020
Lettera alla Ministra dell'Istruzione Azzolina: cacciatori a scuola? No grazie
Gent.le Ministra della Pubblica istruzione dr. Lucia Azzolina
e p.c. Gent.le Ministro dell'Ambiente dr. Sergio Costa
Con la riapertura dell’anno scolastico, si è avuta notizia della richiesta di associazioni di cacciatori (e cacciatrici) di accedere nelle scuole con proposte formative riferite al rispetto per l’ambiente, cosa non nuova dal momento che analoghe iniziative sono state portate avanti anche negli anni scorsi.
Non si può che rimanere sconcertati che la difesa dell’ambiente, argomento di estrema attualità e pregnanza, entrato finalmente a pieno titolo anche nell’agenda dei lavori dell’Unione Europea, possa essere trattato da chi vede gli abitanti di quello stesso ambiente come vittime da uccidere per pura passione, come gli stessi cacciatori dichiarano nei loro siti: siti in cui vengono descritti l’eccitazione e l’entusiasmo che li accompagna nell’inseguire, ferire, uccidere animali terrorizzati, in cerca di fuga: “palpitante avventura, magia, ardore, ebbrezza, euforia” sono i loro termini ricorrenti.
Tutto a norma di legge, ovviamente, ma non per questo meno inquietante: implicitamente si sostiene una visione del mondo, in cui la violenza a danno dei più deboli è normalizzata, sdoganata e rinforzata dal contesto, quello scolastico, dove i messaggi acquistano autorevolezza in quanto emanazione delle figure investite di un ruolo educativo.
Autorizzare i cacciatori in quanto tali ad interventi pedagogici e formativi equivale a richiedere ai ragazzi di accettare l’idea che l’amore si estrinsechi nell’uccisione, che il rispetto sia compatibile con la sopraffazione di chi è indifeso: i cacciatori sostengono, infatti, che proprio amore e rispetto per la natura siano i sentimenti che li inducono a violentarla e ad ucciderne gli abitanti. Per meglio intenderci: se a parlare di pacifismo fossero designati soldati per vocazione, se ad argomentare di rispetto per le donne fossero invitati autori di femminicidi, a tutti sarebbe evidente il collasso della logica e del buon senso, che sarebbero definitivamente oscurati dal sonno della ragione. Quello, vale la pena ricordare, che genera mostri.
Davanti a tutto questo, urge richiamare il senso e il significato dell’educazione: che dovrebbe essere prima di tutto educazione al rispetto dell’altro, a cominciare da chi è più debole, dovrebbe essere proposta di modelli empatici in cui l’identificazione con l’altro sia la strada maestra per contrastare violenza e crudeltà, nel riconoscimento fondamentale del diritto altrui alla vita, vissuta nei luoghi che sono propri: nulla di più lontano dall’atteggiamento predatorio e violento di chi alla natura e agli altri animali si avvicina con il fucile imbracciato, per esercitare sugli altri, per puro divertimento, un autoattribuitosi diritto di vita e di morte.
La caccia, incredibilmente equiparata ad uno sport, è vietata ai minori: a quegli stessi minori non può essere imposto a scuola, che è casa loro, lo sguardo sulla vita, l’ambiente, gli altri animali, che ne è alla base. Per questo chiediamo che sia il Ministero della Pubblica Istruzione ad emanare linee guida che impongano per legge ciò che a volte non è imposto da un’etica personale, dimentica di valori basici, quali rispetto, pace, nonviolenza.
Certi di un positivo riscontro, cordialmente salutiamo.
Annamaria Manzoni, Psicologa e Psicoterapeuta, Scrittrice
Dacia Maraini, Scrittrice
Margherita d’Amico, Scrittrice, Giornalista per Repubblica
Susanna Tamaro, Scrittrice
Amodio Silvia, Giornalista
Bruno Bozzetto, Animatore, Disegnatore, Regista
Silvia Buzzelli, Professore Associato Diritto Penale, Università Mib
Lorenzo Guadagnucci, Giornalista per Quotidiano Nazionale: Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno
Valeria La Via, Psicologa, Specialista in Criminologia Clinica, Milano
Roberta Luberti, Medico psicoterapeuta, già Presidente Cismai, Firenze
Raffaele Mantegazza, Docente di Scienze Umane e Pedagogiche, Università Mib
Cristina Marchetti, Medico Veterinario, Phd Patologia Forense
Antonio Monaco, Editore. Edizioni Sonda. Milano
Carla Sale Musio, Psicologa e Psicoterapeuta, Scrittrice, Cagliari
Michele Pezone, Avvocato dell’anno per il Diritto Ambientale 2019
Chiara Ripamonti, Docente di Psicologia Clinica, Università Mib
Christiana Ruggeri, Giornalista Rai
Roberto Russo, Editore. Graphe Edition. Perugia
Vaglio Stefano, Associate Professor in Animal Behaviour, University of Wolverhampton, UK
Marina Valcarenghi, già Docente di Psicologia Clinica, Esperta di psicoterapia della violenza, Mi
Marco Verdone, Medico Veterinario, Referente Progetto Gorgona, Pisa
Anonymous for the Voiceless Italia
A.P.I.D.A. Associazione per i Diritti Animali Rozzano
Artists United for Animals
Associazione Animalisti ETS
Associazione Gabbie Vuote ODV Firenze
Associazione Progetto Vivere Vegan ODV
AVC Associazione Vittime della Caccia
AVI Associazione Vegani Italiana
CAA Confederazione Animaliste Sicilia[1]
EssereAnimali Organizzazione per i Diritti Animali
EticoEtica
Futuro Vegan ODV Arezzo
IAPL Italia International Animal Protection League ODV
LAC Lega per l’Abolizione della Caccia
La collina dei Conigli ODV, Centri Recupero Animali da Laboratori e Abbandoni
LAV LegaAntiVivisezione ONLUS
LEAL Lega Antivivisezionista ONLUS
LIDA Lega Italiana dei Diritti dell’Animale, Firenze ODV
LIPU-BirdLife Italia
LNDC Lega Nazionale per la Difesa del Cane APS
META, Movimento Etico Tutela Animali e Ambiente Italia
Movimento Antispecista
Restiamo Animali, Redazione Trasmissione Radiofonica
Rifugio Miletta.org
SOS Gaia
Gaia Animali Ambiente ODV
Vitadacani, Associazione a Tutela dei Diritti degli Animali, ODV Arese