sabato 4 giugno 2011

Quattro sì per i referendum



L'obiettivo è storico: portare al voto almeno 25 milioni di Italiani, nonostante l'oscuramento dei referendum nelle reti televisive.
Il silenzio che il governo sta cercando di imporre sui media controllati – primi fra tutti la Rai – è l’arma impropria che punta al boicottaggio del voto, sperando nel mancato raggiungimento del quorum.
La strategia governativa sui referendum era d’altronde già chiara nei mesi scorsi, quando venne bocciata la proposta di accorparli con il voto amministrativo. Il risparmio, in quel caso, sarebbe stato di almeno trecento milioni di euro, e il raggiungimento del quorum estremamente probabile.
Ma il governo ha indetto le votazioni sperando nell'astensione, e ha fissato la consultazione nell'ultima data utile secondo quanto predispone la legge, preferendo sprecare quei trecento milioni di euro.

Dopo l’incidente di Fukushima, poi, il principale problema che aveva il governo era costituito dal quesito sul nucleare, perché già pochi giorni dopo quell’incidente i sondaggi mostravano che ormai il quorum sarebbe stato facilmente raggiunto.
Allora hanno inserito nel cosiddetto decreto Omnibus una specie di moratoria sul nucleare, prevedendo però che la strategia energetica nazionale dovesse essere rivista entro dodici mesi, facendo finta di far uscire la scelta nucleare dalla porta per poi farla rientrare dalla finestra. Perché il berlusconismo ha portato in Italia la menzogna come il fondamento di ogni strategia politica. Ma ci ha pensato la Cassazione a far rientrare il quesito sul nucleare, smascherando la frode.
L’ultima carta che il centrodestra sta tentando di giocare in questa ultima fase è quella di far passare l’informazione truffaldina che andare a votare sarebbe inutile, visto che per l’acqua c’è ormai una Authority in grado di sistemare ogni problema, mentre l’istituzione dell’Autorithy non ha nulla a che vedere con i due quesiti referendari contro la privatizzazione dell’acqua e contro l’assicurazione di profitti alle imprese che entrano nel settore.
Ma questi provvedimenti legislativi mostrano il peso delle lobby industriali dell’energia e dei servizi idrici, disposte a tutto per non rinunciare alla conquista dei beni comuni.
Forse nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia i cittadini si sarebbero meritati di poter andare a votare i referendum nell'ambito di una situazione di informazione e di confronto sulle diverse posizioni in campo.
Il referendum è il più nobile strumento di esercizio diretto della sovranità popolare sancito dalla nostra Costituzione.
Ogni cittadino che ha firmato per indire questa consultazione popolare -e mai così tanti hanno firmato nella storia dei referendum - ha firmato per essere promotore di un momento di democrazia diretta, perché questo è la democrazia: governo del popolo.

Siamo sicuri, però, che nonostante gli ostacoli che ci pone il governo, i cittadini e le cittadine andranno a votare e sceglieranno che l'acqua e la sua gestione debbano rimanere fuori dal mercato. La risposta delle urne rappresenterà la partecipazione e gli interessi della collettività contro chi vuole fare profitti sui nostri diritti.
Non possiamo accettare la Legge Ronchi, votata dal nostro Parlamento il 19 novembre 2009, che dichiara l’acqua come bene di rilevanza economica. L’acqua è un bene pubblico, di tutti.
Allora il mezzo più forte che possiamo mettere in campo è il passaparola. Il messaggio che deve arrivare a tutti gli italiani è che il 12 e il 13 giugno si deve andare a votare Sì ai referendum contro la privatizzazione dell'acqua.
Scrivetelo sui vostri profili Facebook, condividetelo nelle bacheche altrui, scrivete mail, sms, fate telefonate. Dobbiamo raggiungere tutte e tutti, anche chi non usa internet! Tutti insieme ce la possiamo fare.

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