martedì 2 marzo 2010

DECRESCITA FELICE (di Maurizio Pallante)

Nessuno a destra e a sinistra nutre il minimo dubbio sull’utilità e la necessità della crescita economica. La crescita è il primo punto di ogni programma politico. Un postulato che non ha bisogno di dimostrazione. Come ogni organismo vivente deve respirare, così l’economia deve crescere. Se non cresce è sintomo che sta male. La parola decrescita è stata persino bandita dal vocabolario. Al suo posto si usa la locuzione crescita negativa, che sarebbe come definire gioventù negativa l’età di un centenario. Una mancanza di logica esibita senza pudore, di per sé solo ridicola, se non fosse l’espressione verbale del rifiuto di capire che una crescita infinita non è possibile in un mondo che, per quanto grande, non ha una disponibilità infinita di risorse da trasformare in merci, né una capacità infinita di assorbire i rifiuti generati dai processi di produzione e dalle merci nel corso e al termine della loro vita. Eppure la competizione politica tra destra e sinistra, tra tutte le destre e tutte le sinistre apparse nella storia, si è sempre incentrata sulle rispettive capacità di far crescere l’economia più della parte avversa. La crescita della produzione è l’obiettivo degli imprenditori, dei sindacati e della finanza. La crescita dei consumi l’aspettativa delle popolazioni. Nel sistema dei valori su cui si fondano le società industriali il più si è identificato e continua a identificarsi col meglio, anche se progressivamente diminuiscono la sua utilità e aumentano i disagi che crea. I danni sono come nascosti da un velo che impedisce di vederli. Le guerre per il controllo dei giacimenti petroliferi, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello dei mari e i cambiamenti climatici in corso non vengono messi in relazione con l’incremento dei consumi di fonti fossili necessari a sostenere la crescita della produzione e dei consumi. Come se niente fosse, la destra e la sinistra, tutte le varianti attuali della destra e della sinistra, continuano a mettere la crescita al centro dei loro programmi politici. Sostenere la necessità della decrescita significa pertanto collocarsi al di fuori di questa dialettica e rimettere in discussione il paradigma culturale che ha caratterizzato le società occidentali dalla rivoluzione industriale a oggi. Un obiettivo che richiede uno sforzo di elaborazione immane, a cui sono chiamati tutti coloro che, a partire da una percezione anche soggettiva delle sofferenze che il fare finalizzato a fare di più crea alla vita, a tutte le forme di vita e alla terra in quanto organismo vivente, intendono contribuire a restituire al lavoro la sua intrinseca connotazione di fare bene finalizzato a migliorare la qualità della vita in tutte le forme che essa assume, ben sapendo che solo in questo modo si può migliorare anche la qualità della vita della specie umana.

La crescita della produzione di merci consuma quantità crescenti di materie prime e di energia. La crescita del consumo di merci produce quantità crescenti di rifiuti. In un sistema economico fondato sulla crescita, la produzione è un’attività finalizzata a trasformare le risorse in rifiuti attraverso un passaggio intermedio, sempre più breve, allo stato di merci. Le innovazioni di processo hanno la funzione di accelerare i tempi di percorrenza della prima parte del tragitto, da risorsa a merce; le innovazioni di prodotto hanno la funzione di accelerare i tempi di percorrenza della seconda parte del tragitto, da merce a rifiuto. Quanto più breve è la durata del percorso, tanto maggiore è la crescita del prodotto interno lordo. Il senso ultimo dello sviluppo scientifico e tecnologico finalizzato alla crescita del prodotto interno lordo è la produzione di quantità sempre maggiori di rifiuti in tempi sempre più brevi. In termini più generali è l’applicazione della razionalità a uno scopo irrazionale e ha come risultato finale la devastazione del mondo. La ricerca del nuovo come valore in sé incrementa il consumo di risorse, accresce le varie forme di inquinamento ambientale, toglie alle generazioni future il necessario per vivere, ingigantisce progressivamente le discariche e alimenta con sempre maggiore abbondanza gli inceneritori. Il progresso fondato sui progressi scientifici e tecnologici finalizzati ad accrescere la produzione di merci scandisce le tappe di avvicinamento della specie umana alla rottura degli equilibri fisico-chimici-biologici che ne hanno consentito l’evoluzione e lo sviluppo.

In un sistema economico e produttivo finalizzato alla crescita del prodotto interno lordo le innovazioni tecnologiche sono finalizzate ad accrescere la produttività, ovvero le quantità prodotte da ogni produttore nell’unità di tempo, indipendentemente dalle conseguenze che possano derivarne in termini di esaurimento delle risorse, di crescita dei rifiuti e di impatto ambientale. In un sistema economico e produttivo finalizzato alla decrescita le innovazioni tecnologiche sono finalizzate alla riduzione del consumo di risorse e di energia, della produzione di rifiuti e dell’impatto ambientale per unità di bene prodotto. Chi si pone l’obiettivo della decrescita non ha pregiudizi antiscientifici o antitecnologici, come insinuano i paladini della crescita. La decrescita non richiede meno tecnologia della crescita, ma uno sviluppo tecnologico diversamente orientato. Le innovazioni tecnologiche di cui ha bisogno nell’edilizia non sono finalizzate a ricoprire in tempi sempre più brevi porzioni sempre più vaste di superficie terrestre con una crosta di materiali inorganici, come accade nei sistemi fondati sulla crescita, ma a costruire edifici ben coibentati allo scopo di ridurre tendenzialmente a zero il fabbisogno di energia per la climatizzazione. Per costruire un edificio che non ha bisogno dell’impianto di riscaldamento per mantenere una temperatura interna di 20 gradi con una temperatura esterna di 20 gradi sotto zero ci vuole più tecnologia di quella che occorre a costruire una casa che consumi 20 litri di gasolio al metro quadrato all’anno, come fanno in media gli edifici costruiti nel dopoguerra in Italia. Ma un edificio che ha bisogno di una minore quantità di energia contribuisce a ridurre il prodotto interno lordo. Tutte le innovazioni tecnologiche che riducono l’impronta ecologica, ovvero la quantità di superficie terrestre necessaria a ogni individuo per ricavare le risorse di cui ha bisogno, consentendo al contempo la loro rigenerazione, comportano una decrescita economica che contribuisce a migliorare la qualità degli ambienti e la vita degli esseri umani. Una decrescita felice.

I video per approfondire l'argomento:

i primi due video spiegano bene perchè ci sono resistenze sull'insediamento del Centro Oli di ortona.

A seguire riporto, da una puntata di Annozero, l'esperienza di un Centro Oli in Basilicata.

Poi c'è un video di attualità sui rischi di un danno accidentale o doloso legati alla presenza di una raffineria e di serbatoi di stoccaggio di idrocarburi, .

Clicca qui per il video: danni sulla salute e l'ambiente del Centro Oli di Ortona

Clicca qui per il video: danni sull'ambiente e sulla salute del Centro Oli di Ortona

Clicca qui per il video di Annozero: L'esperienza del centro oli della Basilicata

Clicca qui per il video: L'onda nera del Lambro sul PO.

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